IL RASTRELLAMENTO DEL QUADRARO

 

Il Quadraro in tempo di guerra 

Nel 1944 il Quadraro era una zona periferica partendo da Porta Furba si estendeva in direzione Cinecittà. I primi insediamenti edilizi regolari nascono all’inizio del XX secolo e poi inizia con la seconda guerra mondiale inizia quello strano fenomeno tutto romano di controesodo, ovvero che la città anziché svuotarsi si riempiva di forestieri che cedevano di trovare con la presenza del papa una città rifugio. Questo fenomeno genera una nuova stanzialità con costruzione abusive che si estenderanno poi in tutta l’area come anche il noto Mandrione, fenomeno che durerà anche dopo la guerra ma intanto il Tuscolano cambierà volto con l’edilizia intensiva. 

Il Quadraro non nasce ne come una borgata di stampo fascista ne tanto meno un quartiere, piuttosto un piccolo agglomerato di case, casette e baracche di fortuna che creavano un irregolare dedalo e vi erano anche corridoi sotterranei, una situazione che era ideale nascondiglio per chi non voleva farsi trovare, così oltre alla presenza di famiglie meno abbienti ed operai, vi era una folta presenza di figure torbide, o anche renitenti e ancora appartenenti alla resistenza. Oppure chi apparteneva a più d’una di queste categorie. 

Oltre a questo contava anche la sua posizione geografica, incasellato tra la via Casilina, via Tuscolana e via Appia era strategicamente perfetto per colpire efficacemente l’esercito tedesco che usava quelle consolari per trasportare truppe e rifornimenti verso il fronte. 

Non va poi dimenticata quella forma di resistenza non armata della popolazione, che senza alcuna organizzazione si mosse nel silenzio creando spontaneamente quel substrato resiliente che come un potente collante teneva unite saldamente anche le realtà eterogenee, realizzando un’efficacissima resistenza passiva all’occupante., anche semplicemente nascondendo e non senza rischi. 

Per caratteristiche e presenze il Quadraro era ritenuto un luogo molto pericoloso dai tedeschi che sapendo oramai di questo non si azzardavano ad entrarvi da soli e disarmati. Le continue azioni della resistenza col tempo cominciarono a logorare la pazienza tedesca. Proprio per la “vivacità del Quadraro che il console tedesco Eitel Moellhausen coniò appositamente il termine “Nido di Vespe” che aveva i giorni contati, infatti si stava pensando ad un’efficace neutralizzazione del pericolo. 

Don Gioacchino Rey 

Nel 1929 divenne parroco di Santa Maria del Buon Consiglio al Quadraro, Ma prima Don Rey aveva già prestato servizio durante il primo conflitto mondiale come cappellano militare e venne decorato con la Medaglia di bronzo e la Gran Croce al merito. Per questo chiamato affettuosamente da Pio XII il «parroco delle trincee». 

Quando il 17 aprile ’44 era in atto il rastrellamento del Quadraro, Don Rey si diede da fare per salvare tutti quelli che poteva, senza badare a bandiere e appartenenze. Andò anche a Cinecittà che allora era stata trasformata in campo di raccolta dove vennero portati i rastrellati e tentò di offrirsi un cambio di qualcuno ma senza esito, molti però gli diedero

bigliettini da portare alle loro famiglie. Riuscirà però a far liberare il farmacista e il medico per  ricondurli al Quadraro. La sua opera fu incessante durante tutta l’occupazione e quando a Roma  liberata i primi deportati dai campi di lavoro tornarono non poterono ringraziarlo perché era morto  in un incidente stradale il 13 dicembre del 1944. Don Rey insieme a Don Morosini e Don  Pappagallo è stato il terzo sacerdote ad essere insignito della medaglia d’oro al merito civile, la  cerimonia si è svolta il 7 aprile 2017.  

Adriano Ossicini 

Tra gli ospiti “illustri” del Quadraro vi era Adriano Ossicini giovane psichiatra che già dal 10 settembre si mette in luce nei combattimenti di Porta San Paolo dove sarà testimone della morte di Raffaele Persichetti. In quei giorni sotto la sua guida e quella di Franco Rodano prende vita il Movimento dei Cattolici Comunisti che darà luogo ad un’intensa attività resistenziale. 

Il 30 settembre Giulio Andreotti con lettera agli esponenti del movimento espresse “a nome del Papa” la contrarietà a una collaborazione sic et simpliciter tra cattolici e Partito Comunista. 

Ossicini, volontario all’ospedale Fate bene Fratelli all’Isola Tiberina e allievo del professor Giovanni Borromeo, il 16 ottobre 1943 accolse decine di scampati alla retata nazista in un reparto dell’ospedale. Il suo nome è 

associato anche all’invenzione di una finta malattia (“Morbo di K”, K come Kesselring e Kappler) che avrebbe salvato decine di perseguitati romani dalla deportazione nei campi di sterminio in quanto le Ss si tenevano alla larga da chi aveva come diagnosi quel male “contagiosissimo”. Ossicini ha raccontato delle cartelle falsificate e dell’impegno antifascista nell’ospedale in un libro e in diverse fortissime testimonianze. Fino all’ultimo, a chi veniva a trovarlo da ricoverato, ha ricordato quanto accaduto in quegli anni di resistenza che a lui costarono anche l’arresto e le torture. Dal carcere uscì solo grazie all’intercessione del Vaticano. 

L’attività resistenziale lo porta ad essere molto attivo, non solo a Roma, ma anche ai Castelli, nel Viterbese e nelle Marche sfruttando come nascondigli chiese e conventi. Non ostante le precauzioni il 1º febbraio 1944 è arrestato in una retata in Via del Corso. Condotto in questura, è l’ultimo della fila; con eccezionale prontezza di spirito, si volta di scatto, saluta romanamente e imbocca l’uscita sotto al naso della polizia fascista, riacquistando la libertà. 

Nascosto al Quadraro verrà avvertito proprio da Don Gioacchino Rey che i tedeschi stavano attuando il rastrellamento, riuscendo così a fuggire per un soffio. I due poi si rincontreranno nella Roma liberata. 

QUARTICCIOLO Giuseppe Albano detto il “Gobbo del Quarticciolo” 

Classe 1926 si trasferì a Roma nel 1940 dalla Calabria insieme alla sua famiglia trovando casa nella borgata del Quarticciolo che come tutte le altre divenne luogo di emarginazione. La vita di queste borgate non era facile, mancava tutto e l’arte di arrangiarsi spinta dalla fame trovava soluzioni estreme e al limite del legale e lo oltrepassava anche senza troppa difficoltà. L’emarginazione degli sfollamenti, la difficoltà comune del vivere e la guerra divennero l’humus di una coscienza sociale comune molto forte che senza difficoltà sviluppa la resistenza popolare al regime fascista. In questo contesto Giuseppe Albano poi soprannominato “Il Gobbo” per via di una protuberanza sulla schiena, formò con i suoi amici 

una banda che si dava da fare “rimediando” per necessità tutto quello che serviva e dopo l’8 settembre ’43 il passaggio dai piccoli furtarelli alla resistenza armata divenne naturale, confluendo nella banda di Franco Felice Napoli, benché il Gobbo mantenne sempre l’attività di banditismo anche a carattere sociale che come un novello Robin Hood si preoccupava anche della sua borgata, nel dopo guerra commetterà anche dei crimini più pesanti e venne coinvolto in operazioni ambigue proprio da chi aveva combattuto. 

La famosa pasquetta del 10 aprile il gobbo si trovò coinvolto in una sparatoria alla trattoria di Giggetto a Ceccafumo, tra tedeschi e alcuni suoi amici, si vuole che questo episodio sia stato la classica goccia che abbia fatto traboccare il vaso e far attivare i tedeschi per il grande rastrellamento. Morirà con un colpo alla nuca in circostanze poco chiare, infatti era stato incaricato da un certo Umberto Savarezza ex squadrista fascista di buttare delle bombe a mano ai comizi socialisti e comunisti ma dopo un primo momento lui ci ripensa. La sua morte a 19 non ancora compiuti servì a garantire il silenzio per qualcuno. 

Sisto Quaranta, numero 947 

Il 5 ottobre del 2017 all’età di 93 anni si spegne Sisto 

Quaranta uno dei volti più noti del Quadraro perché fu uno 

dei deportati dai tedeschi che riuscì a tornare a Roma dopo 

la guerra e divenuto memoria storica del quartiere. 

Sisto nato a Zagarolo si trasferì con la famiglia a Roma in 

zona Trastevere dove il padre aprì una trattoria che fece 

subito presa ma che il padre cedette al fratello maggiore di 

Sisto che era disoccupato. La famiglia così andò ad abitare 

per un anno a Centocelle e poi al Quadraro in via Pietro 

Cuppari (oggi via dei Ciceri), poi Sisto comincerà a 

lavorare in un’officina a Trastevere. 

Quella fatidica mattina presto la madre già sveglia vedendo e delle ombre intorno al gallinaio andò  di corsa a svegliarlo. 

“Sisto… Sisto! Stanno a rubba’ le galline de Silvio!” 

Sisto mezzo insonnolito le rispose: – ’A mamma… ma che me frega a me d’e galline de Silvio! Tra ’n’ora me devo arza’ p’anna’ a lavora’, e te me stai a fa’ ’sta storia? E lei si ritirò. Ma dieci minuti dopo si accorsero non erano ladri ma soldati tedeschi che stavano facendo irruzione nella casa loro e nelle altre, spaccando porte e cancelli. 

Consegnavano un foglietto con istruzioni in italiano per dire cosa portare, Sisto si finse malato ma venne trascinato fuori e portato al cinema Quadraro per una prima identificazione dove venivano scartati i ragazzi sotto i 15 anni e gli uomini sopra i 65 anni. Portato poi a Cinecittà, poi partì con gli 

altri in treno per il campo di Fossoli dove divenne il numero 947 perché è stato è stato l’ultimo ad essere rasato e gli venne data quella matricola.  

Poi venne destinato al campo di lavoro di Ratibor città polacca a 80 km da Auschwitz. Nella mia fabbrica faceva l’elettricista e si lavorava davvero duro: chilometri e chilometri di cavi, i turni di lavoro erano massacranti e si mangiava a stento. Dopo la liberazione Sisto si offrì di aiutare gli americani divenendo uno di loro, il Maggiore gli chiese se volevo seguirlo negli Stati Uniti ma decise di far ritorno a Roma. 

Il ritorno a casa fu tra il serio e il grottesco. Quando scendemmo alla Stazione Tiburtina eravamo un po’ storditi dalle emozioni del rientro e non sapevamo come pagare il biglietto, ovvero non ci pensavamo. Il controllore si spazientì subito e cominciò ad inveire accusandoci di essere per dei “borsari neri”. Ne nacque una discussione accesa e forse sarebbero volati gli schiaffi se non che, dentro la vettura, c’era il cognato di uno dei miei compagni che lo riconobbe e lo abbracciò tra le lacrime, era il famoso Silvio, proprietario delle galline che avevano invano sentito il pericolo la terribile mattina del Rastrellamento. 

Intanto non si sa come, si era sparsa la notizia del ritorno e non appena sceso davanti al cinema Quadraro, trovai mia madre e mia sorella che mi corsero incontro. Fu un momento toccante e ricordo la sorpresa dei miei familiari vedendomi in buona forma e vestito con l’uniforme americana, così quella sera mia madre preparò una cena semplice con quello che avevamo in casa, così mi ricordai che ancora a Roma si soffriva la fame.  

Quadraro Medaglia d’Oro 

Ricordiamo infine che: il 17 aprile 2004 il Municipio X di Roma, nel cui territorio ricade il  Quadraro, è stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor Civile.  

«Centro dei più attivi e organizzati dell’antifascismo, il quartiere Quadraro fu teatro del più feroce rastrellamento da parte delle truppe naziste. L’operazione, scattata all’alba del 17 aprile 1944 e diretta personalmente dal maggiore Kappler, si concluse con la deportazione in Germania di circa un migliaio di uomini, tra i 18 e i 60 anni, costretti a lavorare nelle fabbriche in condizioni disumane. Molti di essi vennero uccisi nei campi di sterminio, altri, fuggiti per unirsi alle formazioni partigiane, caddero in combattimento. Fulgida testimonianza di resistenza all’oppressore ed ammirevole esempio di coraggio, di solidarietà e di amor patrio.» 

—17 aprile 1944/Quartiere Quadraro – Roma  

Via Tuscolana incrocio via del Quadraro – Targa caduti nella battaglia di Porta San Paolo 

Il progetto MURo 

Fondato nel 2010 dall’artista David Diavù Vecchiato il Museo di Urban Art di Roma (MURo) è il ‘museo diffuso’ di Urban Art della città di Roma. 

E’ il primo progetto di museo completamente integrato nel tessuto sociale, come la forma d’arte che segue, promuove e produce: la Street Art. 

Il MURo è un progetto site-specific, ovvero ideato per far relazionare gli artisti con la conformazione e la storia dei luoghi di convivenza sociale dove realizzano le proprie opere. Il MURo è un progetto community-specific, ovvero mira a percepire e rispettare lo “spirito dei luoghi” e della comunità in cui interviene ed è condiviso coi cittadini, si confronta con le loro idee e le loro storie (soprattutto con coloro che vivono o frequentano le aree interessate dalle opere). Questo è stato il marchio stilistico curatoriale che ha gli impresso Diavù fin dal 2010, concentrando l’attenzione degli artisti sulle potenzialità che l’arte ha nel creare simboli in cui una popolazione può riconoscersi. Idea curatoriale che lo stesso Diavù ha applicato alla serie di documentari tv sulla Street Art “MURO” da lui curata per Sky Arte, e ormai oggi seguita – e imitata – da molti progetti di Arte Urbana. 

La collezione di opere di Street Art realizzata dal MURo, principalmente murales, è nata dal 2010 nei quartieri Quadraro e Torpignattara ma si è poi diffusa in tutta Roma, anche grazie a importanti progetti come GRAArt (17 grandi murales attorno al Grande Raccordo Anulare) e POPSTAIRS (5 grandi scalinate dipinte a Roma); è una collezione di decine e decine di opere d’arte realizzate da importanti firme dell’Arte Contemporanea di tutto il mondo che appartiene alla comunità. 

Il MURo – Museo di Urban Art di Roma è un progetto di museo a cielo aperto, pubblico e gratuito,  che nasce “dal basso”, ovvero non è stato imposto ai cittadini e al territorio da amministrazioni,  curatori, finanziatori, sponsor o altri fattori esterni. 

Le opere, ancora oggi e laddove possibile, vengono proposte e discusse coi rappresentanti dei  comitati di quartiere e coi cittadini stessi, attraverso incontri pubblici e social networks. 

I murales a tema sul rastrellamento e la guerra  

Nido di Vespe – Lucamaleonte – Via Monte del Grano – L’opera fa riferimento al nomignolo dispregiativo che i nazisti diedero al quartiere, e l’orgoglio invece dei cittadini, che resistettero strenuamente e seppero anche risollevarsi. 7 vespe sono disegnate sul lungo muro in Via del Monte del Grano, per ricordare i 70 anni dal rastrellamento del Quadraro (l’infame Operazione balena) e celebrare la fedeltà alla libertà e ai propri valori dimostrati da questo ‘covo’: ‘You are now entering free Quadraro‘. La scritta era già presente sul muro ed è stata ‘incorporata’ nel murale.  

The Buckingham Warrior – Gary Baseman – Largo dei Quintili – rappresenta un soldato con una testa di partigiano in mano. Il guerriero si trova in un bosco polacco, dove ci si nascondeva dai nazisti, raffigurati come diavoli. Da notare le tre figure minacciate dal regime dispotico: Veritas, con un occhio solo perché la verità ha un solo punto di vista. Fides, che ha la testa mozzata a simboleggiare la sfiducia verso i governanti. Libertas, il valore più importante nella vita quotidiana.  

Senza titolo – Beau Stanton – Via dei Pisoni – Raffigura un albero con le sue radici, ovvero il Quadraro stesso, che sembra nascere da un teschio, ovvero la violenza dei nazisti.  

Baby Hulk – Ron English – Via dei Pisoni – Il Quadraro è il bambino che cresce e si rafforza nonostante la violenza del nazismo, simboleggiato dal topo con la maschera antigas. Anche se smorzato dal tempo. 

Progetto a cura di Massimiliano Miri, Nando Battiati e con a partecipazione di Sergio Casella

 

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