La razzia del ghetto

19 ottobre 

1) LA RAZZIA DEL GHETTO E GLI ALTRI GRANDI RASTRELLAMENTI

2) PIAZZA VENEZIA DURANTE LA GUERRA 

La preparazione alla judenaktion romana 

Con Roma e l’Italia centro-nord occupate si può dare atto alla deportazione e allo sterminio degli ebrei cominciando appunto da quelli romani che sono secondo le stime tedesche circa 8.000, Heinrich Himmler (il n° 2 di Hitler) Reichsführer-SS cioè comandante in capo delle SS, contatta immediatamente Kappler per attuare la judenaktion di massa, la prima in Italia e a Roma mandando in aiuto di Kappler il capitano delle SS Theodor Dannecker con la sua squadra. 

Come vedremo in dettaglio  

 altri importanti 

eventi hanno caratterizzato  

l’antisemitismo tedesco a  

Roma. Infatti prima della  

razzia vennero richiesti da  

Kappler ben 50kg di oro alla  

comunità ebraica, che gli  

procurarono una tranquillità  

momentanea, e un episodio  

molto importante da un  

punto di vista strategico  

accaduto il 7 ottobre, il  

rastrellamento dei carabinieri 

reali che è il primo avvenuto  

a Roma e voluti fortemente  

da Kappler per attuare senza  

eventuali ostruzioni il piano  

di razzia degli ebrei romani. 

Altro punto fondamentale  sono i noti silenzi di papa Pio XII che nel corso degli anni è stato soggetto a critiche durissime per questa sua posizione di apparente indifferenza. Si sono fatte varie ipotesi e comunque l’unica cosa sicura è che i documenti vaticani sull’argomento sono ancora posti sotto segreto e quindi non consultabili dagli storici. 

Per quanto possa sembrare illogico la judenrazzia romana venne ritenuta un fallimento come scrive lo stesso Kappler nel suo rapporto: 

comportamento della popolazione italiana [è stato] chiaramente di resistenza passiva; che in un gran numero di casi singoli si è mutata in prestazioni di aiuto attivo […]. Si poterono osservare chiaramente anche dei tentativi di nascondere i giudei in abitazioni vicine all’irrompere della forza germanica ed è comprensibile che, in parecchi casi, questo tentativi abbiano avuto successo. Durante l’azione non è apparso segno di partecipazione della parte antisemita della popolazione; ma solo una massa amorfa che in qualche caso singolo ha anche cercato si separare la forza [di polizia] dai giudei.

Nota sulle leggi razziali 

A differenza di Hitler che aveva sin dall’inizio della sua campagna politica su razzismo e antisemitismo, Mussolini promulga le leggi razziali ben 16 anni dopo il suo insediamento al governo. Le scelte che lo portano a questa svolta sono diverse, intanto sintonizzarsi maggiormente col suo alleato germanico e creare come esso un “nemico” in patria, utile a rafforzare il regime e a concentrare la popolazione verso chi veniva additato come diverso, quindi colpevole e nemico dello stato e del popolo italico che distratto da questo “nemico” può essere meglio indottrinato e assuefatto al regime.  

Dal 5 settembre 1938 vengono promulgati una serie di regi decreti contro gli ebrei italiani che rimangono scioccati ed increduli di fronte a questa legge come una buona parte degli stessi altri italiani, ciò incrinerà il loro consenso verso il regime mussoliniano. Progressivamente gli ebrei verranno allontanati dalla società e spogliati dei loro beni ma non ostante tutto riescono ancora sopravvivere a questa condanna perché ben lontana dal vento di morte che verrà portato dai tedeschi solo dopo l’8 settembre del ‘43 quando occuperanno Roma e l’Italia. 

Operazione Balena: ovvero il rastrellamento del Quadraro 

Benché sia successo diversi mesi dopo, precisamente il 17 aprile del 1944 questo è il terzo ed ultimo grande rastrellamento tedesco che viene fatto al Quadraro allora quartiere periferico con la scusa di una sparatoria avvenuta ad una trattoria sulla via Tuscolana dove era presente il Gobbo del Quarticciolo, un giovane criminale legato alla resistenza. 

Il Quadraro veniva chiamato dai tedeschi “Nido di Vespe” perché era un dedalo di case e casette in cui si annidavano diversi componenti della resistenza, quell’occasione fu la scusa per snidarli, le persone deportate finirono nei campi di lavoro. 

PIAZZA VENEZIA DURANTE LA GUERRA 

Da Palazzo Chigi il 16 settembre 1929 Mussolini spostò la sua sede di governo a Palazzo Venezia  perfetto perché vicino alle antiche vestigia romane tra l’altro già occupate dal Vittoriano. Aveva ilproprio quartier generale, nella sala del mappamondo; nei restanti anni del fascismo la luce  di questa stanza non veniva mai spenta a significare che il governo non riposava mai. Era dal  balcone di questo palazzo che Mussolini arringava la folla nelle occasioni più importanti, come nel  1940 quando, dichiarò l’entrata in guerra dell’Italia.  

Piazza Venezia non era legata solo alle adunate del popolo o a quelle militari, ma con le demolizioni fatte proprio sotto il regime dell’antico quartiere – tra cui la casa di Michelangelo (oggi al  Gianicolo) – cambiò radicalmente il volto con la creazione di un nuovi assi viari e le borgate per  accoglier egli sfollati. 

Anche dopo la liberazione rimase un punto nevralgico della città, prima per gli alleati e per i romani di allora come di oggi.

 

Truppe statunitensi in piazza Venezia – giugno 1944

 

5 giugno 1944 – Dal balcone usato da Mussolini e privato dei fasci littori posti agli stipiti, si  affacciano alcuni soldati alleati di cui uno è un cineoperatore, mentre sventola il ritrovato tricolore.

 

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