8 SETTEMBRE 1943-23

80° ANNIVERSARIO

Sono scoccati gli ottant’anni di quell’8 settembre ’43 giorno cruciale per l’Italia, giorno in cui viene lasciata allo sbando dai vertici di comando aprendo così la strada al caos.

9 settembre 2023 Commemorazione a piazza caduti della Montagnola

Ore 18:30 ora italiana: il generale delle forze angloamericane Eisenhower proclama l’armistizio da Radio Algeri, una mossa che sorprende e costringe il maresciallo Badoglio ad annunciare a sua volta l’armistizio alla popolazione, lo fa frettolosamente circa un’ora dopo ai microfoni dell’EIAR.

Il testo del proclama di Badoglio letto alla radio:

«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»

In realtà Badoglio si aspettava l’annuncio alleato per il 12 settembre, ma era una data ipotetica, forse un frainteso nato durante le trattative armistiziali tenutesi a Cassibile in Sicilia. Comunque gli italiani si erano dimostrati sempre mai del tutto chiari, l’attendismo che ne derivava ha portato i vertici alleati a spazientirsi, ecco il perché la forzatura di Eisenhower nel trasmettere il proclama, un chiaro segno di voler spezzare gli indugi italiani e passare all’azione.

L’annuncio dell’armistizio cambia le carte in tavola rovesciando le alleanze. Come uno scherzo del destino è quello che si abbatte sull’Italia che fino all’ultimo cercando l’uscita dalla guerra con il minor numero di danni, ma appunto la linea attendista non ha pagato. In breve il paese va definitivamente sotto scacco di forze occupanti, allargando il conflitto a tutto il territorio nazionale e che vede all’orizzonte una guerra civile che di li a poco si sarebbe accesa, aggravando ulteriormente la situazione. Esattamente l’opposto di quanto sperato.

Sul piano pratico l’annuncio dell’armistizio venne inizialmente recepito dagli italiani come la fine della guerra, molti militari tornarono alle proprie case. Altri si diedero alla macchia e convergendo poi in gruppi che poi diedero vita alla resistenza militare clandestina. Comunque tutte decisioni ed iniziative personali, grazie allo sbando derivato dalla mancanza di ordini e coordinamento.

Tutti a casa

C’è un film che ad oggi è ancora l’unico che tratta questa vicenda, ed è “Tutti a casa” diretto da Luigi Comencini, che attraverso il personaggio del tenente Alberto Innocenzi (Alberto Sordi) rappresenta quei militari del Regio Esercito che vissero quei momenti caotici. Il bel film equilibra alla vena neorealista, il dramma e la commedia, viene girato nel 1960, quindici anni dopo la fine della guerra, una memoria ancora viva, anche nei delicati equilibri politici delle diverse fazioni. E’ l’anno in cui cade il governo Tambroni e l’anno in cui avviene la rivolta di Genova durante il sesto congresso dell’MSI. Il clima pungente probabilmente fece accendere la spia di controllo alla censura verso questo film che comunque per la sua tematica e le pungenti battute verso il re e il maresciallo Badoglio, dopo le primissime proiezioni viene ritirato e rimesso in circolo decurtato da quelle scene considerate inopportune. Oggi si può trovare nuovamente nella sua versione completa, senza i tagli della censura.

Rimane emblematica la scena della telefonata che fa il tenente Innocenzi al proprio comando chiede al colonnello delucidazioni.

  • Ten. Innocenzi:“Signor Colonnello! Tenente Innocenzi, accade una cosa incredibile! I tedeschi si sono alleati con gli americani!”
  • Parla il colonnello
  • Ten. Innocenzi: “No?! Allora è tutto finito signor colonnello! (si sente esplosione fuori) Ma non potreste avvertire i tedeschi? Ci stanno continuando a sparare!”
  • Parla il colonnello
  • Ten. Innocenzi: “Mi scusi signor Colonnello io ero allo oscuro di tutto, quali sono gli ordini?!”
  • Colonnello: “Non sono riuscito a mettermi in contatto con il Corpo di Armata, ho mandato un ufficiale. Comunque se attaccano dobbiamo difenderci. Dia man forte al tenente Di Fazio.”
  • Ten. Innocenzi: “Si signor colonnello. Loro hanno i carri armati ma noi ci proveremo. La terrò informata signor colonnello.

Interrompe un soldato parlando agitato:

  • “Signor tenente i tedeschi hanno fatto fuori la nostra postazione. I nostri soldati hanno smesso di sparare. Che cosa dobbiamo fare?!”
  • Ten. Innocenzi: “La postazione è stata annientata, tutto è finito..”
  • Colonnello: “Rientrate subito all’accantonamento.” Il colonnello viene interrotto da un suo sottoposto: “Signor colonnello!” indicando la finestra
  • Colonnello: “Aspetti un momento” rivolto al tenente Innocenzi, si alza e va verso la finestra a vedere. Sul piazzale arrivano truppe tedesche motorizzate che sparano ai soldati italiani che stanno scappando, ma poi vista l’impossibilità della fuga si arrendono alle sempre più numerose truppe tedesche in arrivo. Il colonnello, torna al telefono.
  • Colonnello: “No, non rientrate. Tenga uniti gli uomini e raggiungete il 4° Raggruppamento a San Tonino.”
  • Nell’ufficio del colonnello si sente una voce in tedesco fuori campo, tutti guardano verso la porta, capiscono di essere stati catturati.

In questa manciata di minuti si delinea il destino del tenente Innocenzi e i suoi, che salvato dal colonnello, che disorientato incomincia il cammino verso casa.

Con l’8 settembre non si conclude niente ma anzi inizia l’assedio all’Italia con a sud le truppe alleate sotto Napoli e dalla città partenopea in poi troviamo ben disposte le truppe tedesche che permetteranno ai nemici al massimo una lenta e sofferta risalita dello stivale.

L’11 settembre Roma cade in mano tedesca.

8 settembre 1943


L’8 settembre ’43 è una data fatidica, in cui si manifesta e si avvera un ribaltamento di scenario epocale, in cui sono più gli eventi – purtroppo tragici – che vengono prodotti che quelli che con la speranza del momento vengono terminati. L’Italia è già divisa in due, i tedeschi a nord e angloamericani a sud hanno occupato la penisola con le loro armate, entrambi gli schieramenti attendono le mosse del governo italiano.
Gli angloamericani si aspettano la collaborazione italiana come si era parlato nelle trattative dell’armistizio. I tedeschi già dai primi giorni dopo la caduta del fascismo, sono sospettosi, benché Badoglio confermi l’alleanza dell’Asse e la permanenze delle truppe italiane al fronte. La Wehrmacht pianifica l’operazione Alarico, un piano per l’invasione dell’Italia nel caso in cui si manifestasse un cambiamento. Divisioni tedesche indisponibili alle precedenti richieste belliche italiane, ora si muovono alla volta dell’Italia in assetto da combattimento per occupare aree strategiche del nord, con la compiacenza del governo italiano pauroso di una feroce reazione tedesca. Una facciata diplomatica di temporeggiamento, mentre si cerca segretamente una soluzione per uscire dalla guerra.

L’alto comando militare italiano, comunque attua il 10 agosto una prima misura di controllo verso i tedeschi, inviando ai comandi territoriali l’«Ordine 111 C.T.» che specifica disposizioni di monitoraggio. Il 2 settembre questo ordine viene sostituito con la più nota Memoria OP 44 detta anche “Memoria Roatta” dal cognome del generale Mario Roatta che la raffina, queste disposizioni rispetto alle precedenti innalzano il livello di guardia verso i tedeschi,in previsione dell’armistizio e della conseguente cobelligeranza con le truppe alleate.


Misure difensive che riguardano anche la difesa della capitale, su ordine del generale Ambrosio viene infatti costituito il Corpo d’armata di Romauna cintura per la “difesa interna” composta in sintesi da:

  • 12ª Divisione fanteria “Sassari”
  • Corpo d’Armata Motocorazzato, incaricato della “difesa esterna”
  • 135ª Divisione corazzata “Ariete II”, schierata attorno al Lago di Bracciano tra la congiungente Monterosi-Manziana a Nord e il bivio de La Storta a Sud.
  • 10ª Divisione fanteria motorizzata “Piave”, distribuita ad arco immediatamente a nord della città, tra la località di Ottavia sulla via Trionfale, la Giustiniana sulla via Cassia e le due sponde del fiume Tevere, tra via Flaminia e via Salaria nei pressi di Castel Giubileo.
  • 136ª Divisione corazzata “Centauro II”, schierata ad arco a oriente del centro, lungo la via Tiburtina, tra le località di Lunghezza e Monte Celio, poco a occidente di Tivoli.
  • 21ª Divisione fanteria “Granatieri di Sardegna”[42], disposta ad arco immediatamente sul fianco meridionale della città, tra la Magliana e Tor Sapienza, a controllare le vie Aurelia, Ostiense, Appia e Casilina
  • XVII Corpo d’armata, incaricato della “difesa costiera” e costituito dalla 103ª Divisione fanteria autotrasportabile “Piacenza”, disposta nel quadrante sudoccidentale della campagna romana, tra via Ostiense e via Appia, sulla congiungente tra il lido di Ostia e Velletri
  • 220ª Divisione Costiera, schierata tra Orbetello e Fiumicino
  • 221ª Divisione Costiera, schierata tra Fiumicino e Anzio

A questi reparti il 9 settembre si aggiungono i seguenti rinforzi, che alla notizia dell’armistizio si disciolsero prima dell’arrivo.

  • 7ª Divisione fanteria “Lupi di Toscana”
  • 13ª Divisione fanteria “Re”

In totale le forze italiane per la difesa di Roma constano di 88.137 uomini, 124 carri armati, 257 semoventi. Più oltre cento tra 1 autoblindo e camionette e 615 pezzi d’artiglieria. Il comando viene affidato al generale Giacomo Carboni, un valente ufficiale antifascista della prima ora, al quale si sarebbero messe a disposizione i paracadutisti americani con l’operazione Giant 2 per la presa di Roma evitandone la possibile caduta in mano tedesca. Per questa missione che avrebbe acceso la cobelligeranza tra italiani ed americani accorsi in aiuto e più disponibili degli inglesi, arrivano a Roma nella serata del 7 settembre i generali Maxwell Taylor e William Gardiner.
Per inciso va detto che Castellano nelle lettera di accompagno faceva riferimento ad un lasso di tempo in cui aveva dedotto da una confidenza con Bedell Smith che molto probabilmente la data dell’armistizio sarebbe stata il 12 settembre.
Nello Stato Maggiore italiano questa data ipotetica si calcifica come convinzione (errata), per cui tutto viene rimandato, sempre se si può rimandare per una situazione di importanza vitale. Il generale Ambrosio il 7 settembre si troverà a Torino dai suoi familiari e quando viene chiamato per tornare a Roma e discutere della missione Giant 2, ritiene di tornare il giorno dopo in treno.
Ad accogliere i due generali americani vi è Carboni che secondo richieste americane di preparare il terreno all’operazione, occupando gli aeroporti intorno l’Urbe. Ma contrariamente a quanto aveva assicurato ad Ambrosio, traccheggia senza arrivare ad un punto di collimazione con i generali americani che sorpresi ed irritati, chiedono di vedere immediatamente il maresciallo Badoglio, il quale li riceve in vestaglia. Convinto che l’armistizio fosse il 12 settembre, li convince che non prima di quella data la difesa potesse essere pronta.
Taylor e Gardiner sorpresi dall’impreparazione se ne vanno sconsolati comunicanto ad Eisenhower il brevissimo messaggio in codice “situation innocuos” ovvero che non si sarebbe avviata alcuna operazione.

Ci sono diverse interpretazioni su questo incontro, tra cui quella che gli stessi americani non avevano tutta la potenzialità dell’aviosbarco disponibile, ma quella di maggior consenso vede Badoglio sostanzialmente contrario a qualsiasi forma di collaborazione, d’altronde l’idea era stata del generale Castellano. Per Badoglio la via migliore sarebbe quella di lasciare carta bianca agli angloamericani nella risoluzione del “problema tedesco” senza che l’Italia ne venga coinvolta. Ma come già accennato, è molto vivo il timore di una feroce reazione tedesca nel momento sarebbe stato noto anche a loro l’armistizio.

Il giorno 8 alle 17:30 ora locale, dai microfoni di Radio Algeri, spazientito dal comportamento italiano, Eisenhower proclama l’armistizio corto. A quel punto Badoglio non può più tirarsi indietro, va alla sede dell’EIAR per registrare il proclama che alleo ore 19:42 viene cominciato a trasmettere.

Questo il testo:

«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»

L’intenzione rispecchia la politica attendista ed estremamente prudente, lasciando volutamente molto spazio all’interpretazione personale, anziché dare delle direttive specifiche, come potevano essere scritte nella Memoria OP 44. Infatti l’armistizio viene scambiato da molte truppe per la fine della guerra, in realtà è l’inizio di un nuovo capitolo bellico che include anche la sanguinosa guerra civile.

Le forze armate italiane che arrivano all’armistizio son le stesse che avevano iniziato la guerra ma con in più tutto il peso del morale affranto dagli anni di guerra. Truppe poco equipaggiate e mal collegate tra loro sono quelle che si troveranno sole dopo e senza coordinazione dopo l’annuncio dell’armistizio, salvo quei casi in cui si mossero di spontanea volontà in tutto il territorio.

Il caso di Roma è emblematico per raccontare la tragedia di un esercito lasciato allo sbando dall’alto comando che non attuò la Memoria OP 44, con quella che è chiamata la mancata difesa di Roma. La cintura difensiva posta attorno l’Urbe aveva un potenziale tale da poter contenere e respingere l’urto dell’attacco tedesco che sta sopraggiungendo da sud. Ma appunto i vertici decidono di non sfruttare questa chance per paura dei tedeschi stessi, così come rifiutano l’aiuto americano.
Anzi il re e gli ufficiali del comando non devono cadere in mano tedesca, già da tempo era stabilito un piano di emergenza che nella cultura popolare è meglio noto come “la fuga del re”. Un atto protettivo che sicuramente sarebbe stato attenuato se fosse stato attuato un piano di difesa e coordinamento delle forze armate.

Chi approfitta di questo stallo tutto italiano è il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante in capo delle forze tedesche in Italia, il quale intuisce non senza una certa sorpresa che Roma è prendibile e non si lascia scappare un’occasione ghiotta come questa.

Le truppe tedesche già nella serata dell’8 settembre sono in procinto di avvicinarsi, trovano la strada sbarrata dai soldati italiani a cominciare dal caposaldo della Magliana, dove il generale Gioacchino Solinas di fede fascista con i suoi granatieri si oppone all’invasore. Ma è solo questione di tempo, le esigue forze italiane che decidono autonomamente di combattere i tedeschi, poi chiaramente cedono alla loro avanzata, prima all’Eur, poi alla Montagnola e poi a Porta San Paolo.

Quel che è certo che come i granatieri, i lanceri di Montebello, soldati, carabinieri, civili, sono i combattenti della prima ora che raffazzonati tentano una difesa dando luogo anche alla primo esempio di resistenza spontanea.



Talamex Flag Italy 20x30 cm


https://i0.wp.com/idata.over-blog.com/1/15/66/74/seconda-guerra-mondiale/IL-Messaggero-9-settembre-1943.jpg


LA FIRMA DELL’ARMISTIZIO

CASSIBILE 3 SETTEMBRE 1943


Antefatto

Grazie al generale Castellano finalmente era stato superato il blocco iniziale, aprendo un corridoio per le trattative prima impensabile, nulla è ancora certo ma quanto meno si è accesa una speranza per uscire dalla guerra seguendo una via che limiti i danni. Il tempo per dare una risposta agli alleati non è molto, entro il 30 agosto deve essere data una conferma da parte del governo italiano, altrimenti combattimenti e bombardamenti procederanno ininterrottamente su tutto il territorio senza distinzioni con le tragiche conseguenze facilmente immaginabili.
E’ vero anche che l’iniziativa di Castellano di proporre l’Italia come possibile nazione collaborante al conflitto è stata gradita agli alleati, argomento poi trattato proprio in quei giorni alla Conferenza di Quebec da Churchill e Roosvelt, ponendo un livello meno gravoso delle richieste armistiziali per l’Italia.

24-31 agosto – Il caso del generale Zanussi

Intanto in Italia la mancanza di notizie da parte di Castellano che poi sarebbe tornato il 27 agosto, preoccupa gli ufficiali dell’alto comando in cui aleggiava del sospetto.Il 24 agosto (tre giorni prima che Castellano tornasse a Roma) il generale Mario Roatta a suo dire motivato dal fatto che le trasmissioni fossero interrotte, decide di concerto con il generale Carboni che a quanto pare solo in quel momento venne a conoscenza della trattativa tramite un dispaccio del SIM, di inviare un emissario per controllare l’operato di Castellano, si tratta del generale Giacomo Zanussi che il 24 stesso parte in aereo alla volta di Lisbona.
Nell’inchiesta svolta nel dopoguerra il diplomatico Franco Montanari afferma che l’invio di Zanussi fosse più voluto da Roatta per non rimanere estraneo alle trattative.L’arrivo a Lisbona di Zanussi, dove da poco era ripartito Castellano alla volta di Roma, genera una perplessità e sospetto tra gli alleati, l’invio così ravvicinato di due emissari che appariva senza coordinamento. Il dubbio è motivato in particolare dal fatto che Castellano a differenza di Zanussi è provvisto di credenziali rappresentanti direttamente Badoglio. Mentre Zanussi ne è sprovvisto, inoltre il suo mandatario, il generale Roatta è considerato filotedesco, benché in quanto militare si ritenga che rispetti gli eventuali ordini dopo l’attuazione dell’armistizio.
Come sappiamo, esistono due versioni dell’armistizio, quello “corto” e quello “lungo”, del secondo Castellano ne sapeva solo l’esistenza. Il Foreign Office britannico che insistentemente fin dall’inizio della trattativa spingeva per chiuderla quanto prima senza compromessi, fa pervenire a Zanussi tramite l’ambasciatore Ronald Campbell, copia dell’armistizio “lungo” con la speranza che il governo italiano accettasse direttamente questo anziché quello “corto”.
Zanussi alla lettura del testo dell’armistizio “lungo”, chiede formalmente a Campbell che al suo governo sia dato più tempo per valutare il documento. Congedatosi, riparte in aereo alla volta di Roma ma il 28 agosto generale Eisenhower timoroso che il governo italiano alla lettura delle dure clausole contenute nell’armistizio “lungo”, potesse non firmare più la resa. Per questo dai generali Beden Smith e Kenneth Strong, fa prendere in consegna Zanussi, portandolo ad Algeri impedendogli di poter comunicare a Roma il contenuto dell’armistizio “lungo”.
Zanussi verrà poi portato a Cassibile il 31 agosto in concomitanza con la presenza di Castellano.

27 agosto – Il rientro a Roma del generale Castellano

Rientrato a Roma Castellano viene immediatamente ricevuto dal maresciallo Badoglio, dal Ministro degli Esteri Raffaele Guariglia e dai generali Vittorio Ambrosio e Giacomo Carboni, consegnando copia del verbale della riunione tenutasi a Lisbona nella notte tra il 18 ed il 19 agosto, contenete le condizioni di resa e copia del documento del Quebec.
Inoltre Castellano illustra verbalmente le clausole imposte dagli anglo-americani, che richiedono una resa senza condizione, da attuarsi mediante la sottoscrizione di un accordo (cosiddetto “armistizio corto”) in dodici articoli; in caso di adesione del governo italiano, le parti avrebbero sottoscritto l’accordo in una località della Sicilia da definire. Un’intesa più dettagliata (cosiddetto “armistizio lungo”) era rimandata a dopo l’accettazione della resa incondizionata e la cessazione delle ostilità.
Castellano riporta anche che la proposta per la firma viene avanzata dagli Alleati tramite l’ambasciatore britannico in Vaticano Francis D’Arcy Osborne, che collabora a stretto contatto con il collega statunitense Myron Charles Taylor.

28 agosto – Riflessioni del Governo

I generali Ambroisio e Carboni tornano dal maresciallo Badoglio e dal ministro Guariglia per discutere sul da farsi riguardo le trattative in base a quanto esposto dal generale Castellano.
Badoglio e Guariglia ritengono che sarebbe più opportuno procedere per via diplomatica dato che ritengono le trattative spostatesi su un piano politico.
I due generali invece ritengono più propizio proseguire sulla linea tracciata da Castellano. Al fine si decide di mantenere l’incarico al generale Castellano.

30 agosto – L’ufficializzazione dell’incarico a Castellano

Il maresciallo Badoglio, convinto ancora che ci fossero margini per poter negoziare la resa, decide di inviare in missione Castellano per la Sicilia senza sconfessare la sua iniziativa, addirittura dandogli mandato per presentare delle controproposte, quale fosse il luogo dello sbarco alleato e sapere quali fossero con conflitto ancora in corso i piani alleati. Altra richiesta è quella di inviare 2000 paracadutisti per la difesa della capitale, operazione che viene contemplata dagli alleati con il nome in codice Giant 2 ma che verrà intenzionalmente trascurata dai generali italiani, rendendola un nulla di fatto.
Castellano parte il giorno dopo in aereo per la Sicilia. Mentre nella serata arriva intanto il telegramma cifrato degli alleati, in cui si notifica che i generali Smith e Strong lo attendono a Termini Imerese per le ore 9:00.

31 agosto – Primo inconto a Cassibile

Castellano giunto a Termini Imerese, viene portato a Cassibile in provincia di Siracusa, qui incontra il generale Giacomo Zanussi che inspiegabilmente non lo informa di aver visto il testo dell’armistizio lungo.
Nella trattativa Castellano chiese garanzie riguardo uno sbarco alleato massivo, anche per contrastare possibili offensive tedesche. Il generale Badell Smith risponde che in quel caso non servirebbe l’armistizio. Altro punto richiesto da Castellano è che la firma dell’armistizio deve avvenire dopo un sbarco a nord di Roma ma gli alleati rispondono che al massimo sarà contemporaneo. Gli alleati si mostrano aleatori nel fornire date precise e invece di comunicargli un senso di urgenza gli istillano l’idea che sarebbero sbarcati in forze, inoltre spingono per la firma in maniera persuasiva anche paventando l’ipotesi tutt’altro che remota di possibili bombardamenti aerei. La sera Castellano è di nuovo a Roma per riferire.

1º settembre – La riunione finale degli italiani

Si rende necessaria una nuova decisiva riunione, a cui partecipa lo stesso Castellano assieme a Badoglio, Guarigia, Ambrosio, Roatta, Carboni, il Ministro della Real Casa Pietro d’Acquarone per rappresentare il Re, inspiegabilmente assente.Nota importante, al momento l’unico a conoscere le condizioni dell’armistizio lungo era il generale Roatta, che era stato informato da Giacomo Zanussi.
Le obiezioni più importanti vennero da parte del generale Carboni, il quale afferma che le divisioni motorizzate per la difesa di Roma non avevano ne munizioni e ne soprattutto carburante. A questa affermazione Castellano e Ambrosio rimasero sbigottiti perché i depositi di carburante di Mezzocammino erano operativi, la colpa era quindi di Carboni che non aveva effettuato fino a quel momento alcuna operazione per rendere operative le divisioni.
Badoglio, che nella riunione non si pronunciò, nel pomeriggio i reca alla residenza del Re Vittorio Emanuele, che decide di accettare formalmente le condizioni dell’armistizio “corto”.

2 settembre – Castellano di nuovo a Cassibile e il primo telegramma

Castellano vola di nuovo in Sicilia ma va all’incontro privo di delega ufficiale, necessaria alla sottoscrizione dell’accordo, richiesta dagli alleati. Badoglio vuole apparire il meno possibile perché non vuole essere legato alle trattative dell’armistizio con l’Italia soggetta a quelle condizioni.
Ma da parte alleata serve un’autorizzazione chiara e precisa da parte del governo italiano, che non aveva da pieni poteri a Castellano.Il generale Bedell Smith fa redigere un telegramma sottoscritto da Castellano per inviarlo a Roma, in esso si chiede di conferire al generale Castellano le credenziali necessarie per firmare l’armistizio per conto di Badoglio, che a quel punto non sarebbe più potuto rimanere defilato nell’ombra. Se l’autorizzazione da Roma non venisse concessa, la trattativa si sarebbe interrotta immediatamente.Ma nessuna risposta pervenne da Roma.

3 settembre – L’attesa della delega

Alla mancata risposta, nella prima mattinata del 3 settembre , per sollecitare la delega, Castellano invia un nuovoo telegramma a Badoglio. Questa volta da Roma rispondono velocemente con un radiogramma in cui si chiariva che il testo del telegramma del 1º settembre era già un’implicita accettazione delle condizioni di armistizio poste dagli Alleati.
Ma ancora non si poteva procedere alla firma, perché mancava la delega ufficiale di Badoglio, l’autorizzazione ufficiale viene trasmessa da Roma solo alle ore 16:30, a maggior garanzia il telegramma informava che la dichiarazione di autorizzazione era stata depositata presso l’ambasciatore britannico in Vaticano D’Arcy Osborne. A quel punto si procedette alla firma del testo dell’armistizio ‘breve’.

La firma dell’armistizio “corto”

Finalmente, su delega del Re, l’ultimo telegramma delega potere di firma al generale Castellano che può concludere le trattative firmando l’armistizio “corto”.
A Cassibile in provincia di Siracusa, nella zona sud della masseria fortificata di San Michele vi è il Fairfield Camp, allestisto dagli angloamericani, dove in una tenda ombreggiata da un ulivo, alle ore 17:00 si riuniscono i firmatari dell’armistizio.

8 settembre 1943: morte della Patria, nazione allo sbando o occasione di  riscatto? - Novecento.org
Il generale Walter Bedell Smith alla firma, sulla destra in abito scuro il generale Castellano e alla sua destra il diplomatico Montanari

Per l’Italia firma in vece del maresciallo Badoglio, il generale Giuseppe Castellano, accompagnato da Franco Montanari il diplomatico italiano presente come interprete che ha accompagnato Castellano per tutta la durata delle trattative. Per gli anglo-americani firma il generale Walter Bedell Smith a nome del generale Eisenhower. Presenti inoltre alla stipula per gli Stati Uniti:

Dwight D. Eisenhower – Generale e comandante in capo delle Forze Alleate

Robert Murphy – rappresentate personale del presidente degli Stati Uniti

Lowell W. Rooks generale U.S. Army A.F.H.Q.

Per la Gran Bretagna:

Harold Macmillan – Ministro residente, A.F.H.Q.

Royer Dick – Commodoro della Reale Marina britannica

Kenneth Strong generale A.F.H.Q.

Ore 17:15 – Inizia la stipula dell’armistizio

Ore 17:30 – L’armistizio corto è firmato e validato, il generale Castellano viene poi messo a conoscenza delle clausole dell’armistizio lungo che entreranno in vigore il giorno stesso in cui l’armistizio verrà dichiarato alla popolazione.
In extremis viene anche bloccata dal generale Eisenhower la partenza di cinquecento aerei pronti al decollo per una missione di bombardamento su Roma, che sarebbero partiti se Badoglio avesse mostrato ancora dei tentennamenti o se la stipula dell’armistizio fosse saltata.

Il generale Eisenhower stringe la mano al generale Castellano. Molti storici non parlano di Eisenhower sotto la tenda di Cassibile (e di questa stretta di mano), perché il documento ufficiale ne ignora la presenza. Castellano era, per la firma dell'armistizio, il delegato di Badoglio e quindi la controparte non poteva essere che Bedell Smith, delegato di Eisenhower. Durante tutta la cerimonia Eisenhower stette in disparte e in ombra e soltanto alla fine si presentò per salutare l'inviato del governo italiano.
La stretta di mano finale tra Castellano e “Ike” Eisenhower

La trattativa è finita, cala la tensione e tra strette di mano si brinda con del whisky. Un ufficiale americano gli dà un ramoscello di ulivo, staccato da uno dei tanti alberi lì intorno. Anche altri staccano ramoscelli di ulivo e se li infilano per buon augurio in tasca.Castellano si intrattiene a cena con gli ufficiali raggiunti anche dal generale britannico Alexander, rimangono fino a tarda sera a parlare di aspetti militari e della cooperazione italiana.
Tra gli argomenti viene toccato anche un eventuale trasferimento del re e del governo italiano in Corsica, o in Sardegna o in Sicilia, o in l’Albania, nel caso in cui i tedesco mirassero ad occupare Roma.

L’equivoco del 12 settembre

Importante sottolineare che al termine della trattativa il generale Castellano dedusse da una confidenza avuta con il generale Smith che lo sbarco alleato sarebbe avvenuto entro due settimane. Castellano ritenne presumibile quindi che la data poteva cadere intorno al 12 o 13 settembre.
Mentre Castellano continuava ad organizzare la strategia militare di coobelligeranza con gli alleati, che erano molto speranzosi di poter contare su una forte collaborazione italiane, il giorno 5 settembre il trimotore SM 79 pilotato dal maggiore Giovanni Vassallo con a bordo il maggiore Luigi Marchesi, segretario del generale Vittorio Ambrosio, tolo rna a Roma io aereo con copia dell’armistizio breve e di quello lungo, le modalità per la partenza della flotta da guerra e delle navi mercantili, le istruzioni per l’aeronautica e per le operazioni di sabotaggio, un promemoria per il servizio informazioni, l’ordine di operazioni della divisione aviotrasportata che si sarebbe dovuta lanciare su Roma e una lettera del generale Castellano, nella quale vi è scritto che uno sbarco alleato poteva verificarsi tra il 10 ed il 15 settembre, ma probabilmente il 12 settembre. Avuta questa comunicazione la data del 12 viene considerata valida dall’alto comando. per l’organizzazone successiva.
Osservazione: il giornalista e storico Ruggiero Zangrandi contrariamente ad altri storici afferma che Luigi Marchesi sia un personaggio poco chiaro. È il latore della lettera di Castellano rivolta ad Ambrosio. Di lui si ricorda l’intervento al Consiglio della Corona l’8 settembre, in cui si espose in favore dei tedeschi. Sempre secondo Zangrandi, questo fu un espediente architettato assieme ad Ambrosio per convincere in realtà il consiglio ad accettare l’armistizio.

Osservazione: il giornalista e storico Ruggiero Zangrandi contrariamente ad altri storici afferma che Luigi Marchesi sia un personaggio poco chiaro. È il latore della lettera di Castellano rivolta ad Ambrosio. Di lui si ricorda l’intervento al Consiglio della Corona l’8 settembre, in cui si espose in favore dei tedeschi. Sempre secondo Zangrandi, questo fu un espediente architettato assieme ad Ambrosio per convincere in realtà il consiglio ad accettare l’armistizio.

La Pietra della Pace

Sul luogo della stipula il generale Eisenhower fece donare alla baronessa Liliana Sinatra Grande, proprietaria della masseria san Michele, un lapide ribattezzata “Pietra della Pace”, in memoria dello storico accordo. Il 4 giugno 1955 questa lapide viene trafugata dal giornalista Enrico de Boccard, purtroppo dopo l’avventato gesto si è perso il punto esatto di dove era collocata. Successivamente venne più volte posta una copia della lapide in località erronea ma ogni volta è stata oggetto di atti vandalici distruttivi.
Il 3 settembre 2016 è stata posta una nuova stele a memoria, si trova nel parco di un hotel.
Accanto alla chiesa di San Giuseppe a Cassibile vi è il monumento dedicato ai caduti, nel quale è inserita un targa in memoria dell’armistizio.

La stele inaugurata il 3 settembre del 2016

Testo dell’armistizio “corto”

A seguire viene riportato il testo dell’armistizio”crto” prima in inglese e poi tradotto in italiano.

Sicily, September 3, 1943.

The following conditions of an Armistice are presented by General DWIGHT D. EISENHOWER, Commander-in-Chief of the Allied Forces, acting by authority of the Governments of the United States and Great Britain and in the interest of the United Nations, and are accepted by Marshal PIETRO BADOGLIO, Head of the Italian Government:

  1. Immediate cessation of all hostile activity by the Italian armed forces.
    2. Italy will use its best endeavors to deny, to the Germans, facilities that might be used against the United Nations.
    3. All prisoners or internees of the United Nations to be immediately turned over to the Allied Commander-in-Chief, and none of these may now or at any time evacuated to Germany.
    4. Immediate transfer of the Italian Fleet and Italian aircraft to such points as may be designated by the Allied Commander-in-Chief, with details of disarmament to be prescribed by him.
    5. Italian merchant shipping may be requisitioned by the Allied Commander-in-Chief to meet the needs of his military-naval program.
    6. Immediate surrender of Corsica and of all Italian territory, both islands and mainland, to the Allies, for such use as operational bases and other purposes as the Allies may see fit.
    7. Immediate guarantee of the free use by the Allies of all airfields and naval ports in Italian territory, regardless of the rate of evacuation of the Italian territory by the German forces. These ports and fields to be protected by Italian armed forces until this function is taken over by the Allies.
    8. Immediate withdrawal to Italy of Italian armed forces from all participation in the current war from whatever areas in which they may now be engaged.
    9. Guarantee by the Italian Government that if necessary it will employ all its available armed forces to insure prompt and exact compliance with all the provisions of this armistice.
    10. The Commander-in-Chief of the Allied Forces reserves to himself the right to take any measure which in his opinion may be necessary for the protection of the interests of the Allied Forces for the prosecution of the war, and the Italian Government binds itself to take such administrative or other action as the Commander-in-Chief may require, and in particular the Commander-in-Chief will establish Allied Military Government over such parts of Italian territory as he may deem necessary in the military interests of the Allied Nations.
    11. The Commander-in-Chief of the Allied Forces will have a full right to impose measures of disarmament, demobilization and demilitarization.
    12. Other conditions of a political, economic and financial nature with which Italy will be bound to comply will be transmitted at later date.

The conditions of the present Armistice will not be made public without prior approval of the Allied Commander-in-Chief. The English will be considered the official text.

Le seguenti condizioni di armistizio sono presentate dal Generale Dwight D. Eisenhower, Generale Comandante delle Forze Armate Alleate, autorizzato dai Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e nell’interesse delle Nazioni Unite e sono accettate dal Maresciallo Pietro Badoglio, Capo del Governo Italiano.

  1. Immediata cessazione di ogni attività ostile da parte delle FF.AA. Italiane.
  2. L’Italia farà ogni sforzo per sottrarre ai tedeschi tutti i mezzi che potrebbero essere adoperati contro le Nazioni Unite.
  3. Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente nelle mani del Comandante in Capo Alleato e nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco.
  4. Trasferimento immediato in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo Alleato, della flotta e dell’aviazione italiana, con i dettagli di disarmo che saranno fissati da lui.
  5. Il Comandante in Capo Alleato potrà requisire la Marina mercantile italiana e usarla per le necessità del suo programma militare-navale.
  6. Resa immediata agli alleati della Corsica e di tutto il territorio italiano sia delle isole che del continente per quell’uso come basi di operazione e per altri scopi che gli alleati riterranno necessari.
  7. Immediata garanzia del libero uso di tutti i campi di aviazione e dei porti navali in territorio italiano senza tener conto del progresso dell’evacuazione delle forze tedesche dal territorio italiano. Questi porti navali e campi di aviazione dovranno essere protetti dalle forze armate italiane finché questa funzione non sarà assunta dagli alleati.
  8. Tutte le forze armate italiane saranno richiamate e ritirate su territorio
    italiano da ogni partecipazione nella guerra da qualsiasi Zona in cui siano
    attualmente impegnate.
  9. Garanzia da parte del Governo Italiano che, se necessario, impiegherà tutte le sue forze armate per assicurare con celerità e precisione l’adempimento di tutte le condizioni di questo armistizio.
  10. Il Comandante in Capo delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi provvedimento che egli riterrà necessario per proteggere gli interessi delle forze alleate per il proseguimento della guerra; e il Governo Italiano si impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro carattere che il Comandante in Capo richiederà; e in particolare il
    Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli giudicherà necessario nell’interesse delle Nazioni Alleate.
  11. Il Comandante in Capo delle Forze Armate Alleate avrà il pieno diritto di imporre misure di disarmo, smobilitazione e demilitarizzazione.
  12. Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario a cui l’Italia dovrà conformarsi saranno trasmesse in seguito

La seguente frase è stata omessa nel testo che è stato inviato a Roma.
The conditions of the present Armistice will not be made public without prior approval of the Allied Commander-in-Chief. The English will be considered the official text.



AGOSTO ’43 – Le trattative per l’armistizio

Sunto degli antefatti


È il 9 luglio del ’43 quando con l’Operazione Husky, le truppe alleate mettono piede in terra siciliana con l’occupazione dall’isola di Pantelleria, è il primo passo del il primo grande sbarco che da inizio alla Campagna d’Italia. L’obiettivo di aprire un varco da sud nell’Europa continentale conquistando il belpaese. Un’operazione globale che si rivelerà durissima, sia per la conformazione geografica del territorio italiano e sia per l’efficace difesa della Wehrmacht tedesca comandata dall’abile Feldmaresciallo Kesselring.

Da gennaio la corona sabauda aveva aperto canali segreti con gli alleati per trattare un possibile armistizio, uno di questi venne avviato dalla figlia del re, Maria Josè che grazie a monsignor Montini come tramite prende contatti con l’ambasciatore portoghese presso la Santa Sede, Francesco Pacheco per arrivare al presidente António de Oliveira Salazar, per mediare con gli angloamericani.
Il 19 luglio viene inviato il diplomatico Alvise Emo di Capodilista per avviare le trattative, la risposta da parte degli alleati arriva attraverso il presidente Salazar il 3 agosto con la comunicazione che la proposta italiana non è stata accettata.
Questo è quanto comunica il generale Ambrosio alla principessa Maria Josè.

Dopo la caduta del fascismo e l’arresto di Mussolini del 25 luglio il nuovo capo del governo è il maresciallo Pietro Badoglio che porterà avanti il suo mandato per soli 45 giorni, ovvero fino al giorno dell’armistizio.
Il nuovo governo si trova subito compromesso in una situazione molto delicata, il desiderio è quello di uscire dalla guerra con il minor danno possibile.
Si apre allora un gioco aleatorio che viaggia su due binari diplomatici distinti: uno con gli angloamericani e uno con la Germania nazista.

31 luglio – L’iniziativa della principessa Maria Josè non fu l’unica, il nuovo governo del maresciallo Badoglio decise di stabilire un contatto diplomatico con gli Alleati attraverso i rappresentanti inglese e statunitense accreditati presso la Santa Sede. Vengono così immediatamente mandati due diplomatici, il marchese Blasco Lanza d’Aieta, che venne inviato subito a Lisbona e Alberto Berio invece a Tangeri, dove era stato nominato console generale. Il loro scopo era soprattutto di sondare le intenzioni degli alleati ed incitarli ad uno sbarco nella Francia meridionale per assorbire truppe tedesche.
Si apre la cosidetta fase attendista che porterà soprattutto ad uno snervamento da parte di entrambi gli interlocutori: i tedeschi da un lato e gli angloamericani dall’altro.

In realtà, il re e Badoglio e non erano preparati a una resa senza condizioni , in un clima dove gli alti comandi vivevano di diffidenza reciproca e dove fioriva l’ossessione che potesse trapelare all’orecchio dei tedeschi, qualche informazione della trattativa e che si potesse scatenare una violenta ed offensiva di Hitler verso l’Italia.
Anche questa trattativa per via delle richieste italiane ritenite pretenziose, non andrà a buon fine.

Hitler sorpreso dall’esito del Gran Consiglio, non si fida di Badoglio e dei suoi generali, progetta una serie di contromisure volte alla conquista dell’Italia con l’Operazione Alarico, rinforzando truppe già dislocate nel nostro paese. È vero anche che per il mantenimento praticamente fittizio dell’alleanza e la conseguente paura della reazione tedesca da parte del governo Badoglio, permise una facile entrata di nuove divisioni tedesche sul suolo italiano, pemettendo di rinforzare fortemente il contigente tedesco. A questo punto un’eventuale difesa sarebbe stata difficilissima. L’originario Piano Alarico viene abbandonato a fine luglio a favore di un piano più complesso e vasto denominato Operazione Achse che poi prenderà il via dopo l’8 settembre.

Il Consiglio della Corona del 7 agosto e la missione del generale Giuseppe Castellano

Giuseppe Castellano - Wikipedia
Generale Giuseppe Castellano

Il Consiglio della Corona formato oltre che dal re e dal maresciallo Badoglio, dal generale Mario Roatta, il generale Vittorio Ambrosio e il generale Giacomo Carboni, il giorno 7 agosto del 1943 decide di uscire dal conflitto definitivamente. Su proposta di Carboni per avviare la trattativa finale viene scelto il generale Giuseppe Castellano come interlocutore con gli alleati.
12 agosto – Nella mattina Castellano riceve una telefonata dal generale Ambrosio: “Questa sera parti per Lisbona sul treno riservato ai nostri diplomatici. Vanno a ricevere gli italiani rimpatriati dal Cile.” La sera stessa parte in missione segreta alla volta della penisola Iberica per incontrare l’ambasciatore inglese Samuel Hoare, ha con se una missiva di presentazione dell’ambasciatore presso Santa Sede Francis D’Arcy Osborne.
Castellano viene inviato ad incontrare gli angloamericani , giunge così a Lisbona in serata portando con se dei dubbi sull’accettzione delle sue richieste visti i fallimenti dei suoi predecessori. La missione di Castellano però rispetto alle precedenti è la vera trattativa, che verrà poi portata a termine grazie anche alla sua convinzione armistizionalista.

13 agosto – Mentre il generale Castellano è in viaggio, Roma viene colpita da un secondo massiccio bombardamento, sotto il mirino di nuovo lo scalo di San Lorenzo e lo Scalo del Littorio (oggi Roma Smistamento al Salario). Come per l’altro bombardamento, anche questo aveva oltre allo scopo militare quello intimidatorio per far uscire il prima possibile l’Italia dalla guerra. Successivamente Roma verrà bombardata ancora per altre cinquanta volte ma i bombardamenti del 19 luglio e del 13 agosto rimangono i più pesanti in assoluto.

L’iniziativa di Castellano
15 agosto – Sorpreso dalla missiva, l’ambasciatore Samuel Hoare riceve in serata presso la sua residenza il generale Castellano, accompagnato da Franco Montanari diplomatico italiano con funzioni di interprete, che lo seguirà Castellano per tutta la missione.
Se Castellano avesse seguito pedissequamente gli ordini di Roma molto probabilmente avrebbe inanellato un altro insuccesso nelle trattative diplomatiche, ma la sua forte convizione verso la scelta armistiziale fu la fiamma che accese quell’iniziativa non prevista. Sapeva che non poteva giustamente fare pretese come quelle avanzate in precedenza e per superare l’empasse sostenne all’ambasciatore che il vero obiettivo del governo badogliano era quello di passare dalla parte alleata al momento dello sbarco per combattere la Germania. A questa dichiarazione non autorizzata Castellano aggiunse la disclocazione delle armate tedesche in Italia, impressionando notevolmente l’ambasciatore Hoare che prese in seria considerazione Castellano, informandone gli alti comandi che cominciarono a mutare atteggiamento verso l’Italia.
Hoare, piacevolmente colpito da Castellano lo invita a recarsi a Lisbona presso l’ambasciatore Ronald Hugh Campbell, con il quale potrà definire in dettaglio la delicata trattativa. Intanto lo avvertirà del suo arrivo con un telegramma e dando a Castellano una lettera di presentazione.

16 agosto – La mattina seguente viene ricevuto dall’ambasciatore Ronald Campbell per un primo colloquio. L’ambasciatore precedentemente informato del suo arrivo, si mostra meno empatico di Hoare, tanto da far pensare a Castellano di essere stato fortunato ad aver incontrato prima l’altro che ha funto da apripista.



La prima conferenza di Québec 17-24 agosto 1943

https://cdn77.pressenza.com/wp-content/uploads/2020/08/Prime_Minister_Mackenzie_King_with_President_Franklin_D_Roosevelt_and_Winston_Churchill_during_the_Quebec_Conference_18_August_.jpg
Prima conferenza del Quèbec – Canada
da sinistra: William Lyon Mackenzie King, Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill

Proprio in quei giorni si svolge a Château Frontenac in Québec una conferenza con William Mackenzie King, Franklin Roosvelt e Winston Chrchill per pianificare lo sbarco in Francia con l’Operazione Overlord e più in generale dell’andamento del conflitto.
Della novità proposta da Castellano vennero informati i capi di stato che contrariamente al Foreign Office britannico, ne rimasero interessati al punto di modificare l’atteggiamento verso l’Italia in una direzione più collaborativa. Dalla conferenza venne prodotto un documento detto la “dichiarazione di Quebec” che verrà poi presentato a Castellano dal Generale Walter B. Smith, Capo di Stato Maggiore delle Forze Alleate (S.D.A.); generale Kenneth Strong, capo della British Army intelligence che daAlgeri giungeranno apposta a Lisbona. Quest’ultima affermava che un’eventuale modifica delle condizioni
d’armistizio sarebbe dipesa dall'”apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della
guerra”.

La trattativa
19 agosto – Nella mattinata Castellano riceve un invito dall’ambasciatore per la sera stessa alle 22:30 presso la sua residenza, oltre a Castellano e Montanari sono presenti i due ufficiali della “dichiarazione di Quebec” (Smith e Strong), Sir George F. Kennan, incaricato d’affari degli S.U.A.

Questa prima trattativa si svolse su un duplice inganno, da una parte Castellano che di sua iniziativa ha proposto un ribaltamento delle alleanze dando piena disponibilità a combattere a fianco delle forze angloamericane.
Dall’altra parte si puntava comunque ad una firma dell’armistizio senza condizioni pur sapendo che con lo sbarco di Salerno (Operazione Avalanche 9-16 settembre ’43), avere quantomeno già la neutralità sarebbe stato un preziosissimo aiuto.

Una tiepida presentazione fatta con un cenno del capo dai presenti il generale Smith legge due documenti di cui il primo sono le condizioni di armistizio. Per entrambi Castellano protesta, ma Smith che erano stati avvertito da Hoare delle sue richieste, ha avuto ordine di trasmettergli i documenti, chiedendogli di accettarli integralmente e senza condizioni. Castellano sottolinea che il contenuto è ben diverso da quanto espresso all’ambasciatore Hoare, che non si era parlato di armistizio e che l’Italia era pronta ad offrire l’appoggio delle proprie forze armate a quelle alleate. Castellano risponde che porterà i documenti a Roma perché è il governo che deve prendere la decisione.

Dopo una pausa per una attenta rilettura dei documenti, Castellano chiede che sarebbe molto utile sapere dove e quando l’invasione alleata verrebbe effettuata, anche per proteggere il re e il governo da eventuali attacchi tedeschi. A questo punto le risposte degli alleati si fanno aleatorie per motivi di sicurezza militare. Chiede chiarimenti anche in merito all’amministrazione dei territori occupati, in quel caso come sta avvenendo in Sicilia, è compito dell’AMGOT (American Government of Occupied Territories) che potrebbe utilizzare funzionari italiani.

Su richiesta di Castellano viene messo tutto a verbale, la prima parte della riunione con i diplomatici si chiude lasciando il posto ai militari per la seconda. Castellano espone la situazione ed il dislocamento potenza delle truppe tedesche, suggerendo anche possibili luoghi di sbarco. Informa gli alleati anche delle condizioni delle forze armate italiane, la fornitura di un apparecchio radio per avere un contatto diretto con il Comando delle forze alleate nell’Africa e per notificare l’accettazione da parte del Governo italiano delle condizioni d’armistizio. In alternativa se il primo metodo non dovesse funzionare, Castellano dovrebbe presentarsi all’ambasciatore britannico presso la Santa Sede Lord Francis D’Arcy Godolphin Osborne con un dispaccio specifico.
Al rientro di Castellano, il Governo italiano proverà a fare la prima comunicazione via radio il 28 e se per il 29 non vi è riuscito, verrà seguito il secondo metodo. Nel caso in cui non vi sia alcuna comunicazione entro il 30 agosto, si presumerà che le condizioni d’armistizio non sono state accettate dal Governo italiano.
Se tutto procede come previsto Castellano partirebbe in aereo alla volta di Termini Imerese il 31 agosto per concludere la trattativa.

La sovrapposizione di Zanussi su Castellano

Non ostante la contingenza, Castellano secondo ordini superiori dovette spostarsi in treno che sommatisi a diversi contrattempi, rese la durata della missione moto lunga. Infatti Castellano sarà di ritorno a Roma solo il 27 agosto, arrivandovi con il testo del documento, detto “armistizio corto”.
Mentre era ancora in missione l’assenza di notizie di aggiornamento, convinse il generale Mario Roatta di concerto con il generale Giacomo Carboni ad inviare il 24 agosto un altro uomoalla volta di Lisbona, per avere notizie sull’andamento della trattativa, si tratta del generale Giacomo Zanussi. Anche se era molto probabile che Roatta non volesse rimanere estraneo alla faccenda.
Zanussi venne ricevuto dall’ambasciatore Campbell il quale dietro suggerimento del Foreign Office britannico gli consegnò copia dell’armistizio lungo, ovvero quello che sarebbe dovuto entrare in vigore solo successivamente alla firma dell’armistizio corto.
Il Foreign Office fece questa mossa perché sperava che l’Italia firmasse direttamente l’armistizio lungo, ma il Comando di Algeri temeva che il governo Badoglio di fronte alle clausole di quel documento non sarebbe stato disposto a firmarlo. Allora Bedell Smith e Kenneth Strong presero in consegna Zanussi riportandolo ad Algeri, impedendogli che potesse comunicare al proprio governo il testo dell’armistizio lungo.

Ora spettava a Roma prendere una decisione.



Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora