La torrida notte del 25 luglio ’43

Ovvero quando venne destituito Mussolini con l’ordine del giorno Grandi, compromettendo inesorabilmente le sorti del fascismo.

Antefatti

Le sorti della guerra oramai avevano preso una brutta piega per l’Italia che già precedentemente aveva incassato la sconfitta in terra greca. Il 1942 in questo senso era stato decisivo prima con la ritirata dell’ARMIR, l’armata italiana spedita nella Russia bolscevica e poi con la perdita dei territori nordafricani sancita dalla famosa battaglia di El Alamein. In particolare per l’Italia la seconda sconfitta era pesantissima perché dava campo libero alle truppe alleate nel Mediterraneo dove a dar man forte vi era ancora il presidio britannico che aveva resistito a feroce assedio del’Asse.
A gennaio ’43 la famiglia reale dei Savoia spezza gli indugi, decide di avviare un canale segreto di contatto con gli alleati, era necessaria unavia alternativa, in qualche maniera bisognava uscire dalla guerra nel miglior modo possibile ed il prima possibile.

Quel 19 luglio

Nella vicenda bellica il 19 luglio concentra un’importante combinazione di fatti, come sappiamo è il giorno in cui gli alleati bombardano Roma e il giorno in cui Mussolini si reca a Feltre per incontrare Hitler e discutere sulle sorti pessime della guerra e cercare una via d’uscita. Alvise Emo Capodilista, emissario Maria Josè e quindi rappresentante di casa Savoia si involò verso Madrid per poi raggiungere il Portogallo e poter trattare attraverso il dittatore Antònio Salazar con gli alleati per una possibile resa italiana. Strada che si rivelò infruttuosa. Sullo stesso aereo presero posto il banchiere Giovanni Fummi accompagnato dal diplomatico Francesco Fransoni. Gli uni non sapevano dell’altro e viceversa. Anche questa missione rimase infruttuosa. Quello stesso giorno il gerarca Dino Grandi venuto a saere che sapere che il 16 i gerarchi avevano chiesto a Mussolini l’urgente convocazione del Gran Consiglio, decise di partire da Bologna alla volta di Roma per portare al giorno della seduta il suo ordine del giorno.

La riunione del Gran Consiglio

Sabato 24 luglio 1943 è un’altra torrida giornata, una Roma semi deserta è ancora scossa dal pesante bombardamento che ha rovinato il quartiere di San Lorenzo. Nei grandi caffè c’è fermento, nervosismo, già girano voci e brusii che in quel giorno si sarebbe svolta una riunione del gran consiglio e che non prometteva nulla di buono. Intanto a Palazzo Venezia dall’ingresso di San Marco riservato alle autorità, stavano entrando una dietro l’altra auto con persone in divisa nera. Nel cortile reso esotico dalle alte palme le auto parcheggiano e si vede scendere dall’una e dall’altra i vari gerarchi con l’alta uniforme.

Il gran consiglio è previsto per le 17:00, gli ultimi arrivati raggiungono la sala del Pappagallo, dove atri già attendevano. Tra le facce dei ventotto gerarchi riconosciamo certo Dino Grandi con il suo ordine del giorno, Il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Giuseppe Bastianini e Roberto Farinacci il filotedesco.L’aria è tesa, alcune facce turbate, altre più disinvolte, comunque tutti attendono la chiamata del duce che arriva dopo circa un quarto d’ora.Nella sala con i tavoli disposti a ferro di cavallo i gerarchi si accomodano, gli ordini da discutere sono tre, quello di Grandi già letto dal duce prima della riunione, quello di Scorza che è sulla linea di quello di Grandi ma più moderato e difensivo nei confronti di Mussolini, ed infine quello di Farinacci.

La seduta inizia alle ore 17:15 con un lungo discorso introduttivo di Mussolini che per l’occasione ordina che alla riunione non deve essere presente alcun stenografo, infatti non esiste alcun verbale ufficiale ma solo le memorie dei diversi gerarchi recuperate negli anni. Un duce spento e logorato chiude il suo intervento con: “Ora il problema si pone. Guerra o pace? Resa a discrezione o resistenza a oltranza?… Dichiaro nettamente che l’Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all’Italia. L’Inghilterra vuole un secolo innanzi a sé, per assicurarsi i suoi cinque pasti. Vuole occupare l’Italia, tenerla occupata. E poi noi siamo legati ai patti.” E chiude con un poco convincente: “pacta sunt servanda”.

Alle 19:00 si discute l’ordine Grandi che vine presentato dallo stesso ed in cui si invita il capo del governo a restituire i poteri e ripristnare tutte le funzioni statali. Il dibattito si protrae fino alle ore 23:00.

E’ il turno di Farinacci esporre il suo ordine che praticamente metterebbe l’Italia in mano ai tedeschi, sciogliendo il regio esercito e sostituendolo con quello tedesco.

La votazione

Alle ore 2:30 del 25 dopo 10 ore estenuanti, Mussolini prende parola dicendo che l’ordine che doveva essere votato era quello di Grandi, sorprendendo tutti. Dei 28 componenti del Gran Consiglio che furono chiamati a votare , la votazione sull’ordine del giorno Grandi si concluse con:

  • 19 voti a favore – Dino Grandi, Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Galeazzo Ciano, Cesare Maria De Vecchi, Alfredo De Marsico, Umberto Albini, Giacomo Acerbo, Dino Alfieri, Giovanni Marinelli, Carluccio Pareschi, Emilio De Bono, Edmondo Rossoni, Giuseppe Bastianini, Annio Bignardi, Alberto de’ Stefani, Luciano Gottardi, Giovanni Balella e Tullio Cianetti, che il giorno dopo scrisse a Mussolini ritrattando il suo voto);
  • 7 voti contrari (Carlo Scorza, Segretario del PNF, Guido Buffarini-Guidi, Enzo Emilio Galbiati, Comandante della Milizia, Carlo Alberto Biggini, Gaetano Polverelli, Ministro della Cultura popolare, Antonino Tringali Casanova, Presidente del Tribunale speciale, Ettore Frattari, Confederazione dei datori di lavoro dell’Agricoltura);
  • un astenuto (Giacomo Suardo);
  • Roberto Farinacci, invece, uscì dalla sala, non partecipando così al voto concernente l’ordine del giorno Grandi.

Quello era l’ultimo Gran Consiglio, con esso viene destituito Mussolini e si chiude l’era fascista.

Il colloquio con il re e l’arresto di Mussolini


Il 25 pomeriggio alle ore 17:00 Mussolini, si reca a Villa Ada-Savoia per annunciare al re le sue dimissioni, dopo un breve colloquio privato Mussolini si congeda dal re. Appena fuori dalla caseggiato viene invitato da alcuni carabinieri a salire su di un’ambulanza, convincendolo che è un stratagemma per preservare la sua incolumità. Mentre in realtà è un arresto in piena regola.

Un’ora dopo la notizia dell’arresto di Mussolini si sparge per tutta la città e poi in Italia, il silenzio tombale dei giorni precedenti vine squarciato dai cittadini in festa che scendono per le vie e le piazze, i portoni vengono aperti così come le finestre. Ma alle ore 22:45 l’annunciatore del Giornale Radio, passò questo annuncio: «La guerra continua. L’Italia, duramente colpita nelle sue province invase, nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni»

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